giovedì 16 febbraio 2012

filosofia sperimentale

L'interesse della intelligenza artificiale non risiede soltanto nel fatto che si tratta della nuova frontiera della tecnologia, un po' come i microprocessori negli anni 70, o che ha una potenza pedagogica eccezionale, permettendo agli studenti di esplorare un nuovo campo tecnologico a ogni livello, dai bimbi di 6 anni ai ricercatori universitari, e neanche che ti permette di studiare i meccanismi dell'intelligenza con parallelismi con i meccanismi cognitivi e visivi umani. L'interesse è nel fatto che promette di rispondere alle domande fondamentali: cos'è la coscienza, cos'è l'identità, cosa motiva e muove l'intelligenza. In ultima analisi l'intelligenza artificiale promette di rispondere alla domanda alla base di tutte le altre: cosa siamo? Persino i sogni sono oggetto di indagine dell'intelligenza artificiale. Si tratta di filosofia sperimentale. E' la prima volta nella storia del mondo che è possibile indagare su questi temi in modo sperimentale, pezzo per pezzo, in modo analitico.

In realtà si tratta di una materia epistemologica, che ridefinisce i confini della scienza. Inaspettatamente apre anche uno squarcio sul mistico. Il vuoto, il silenzio, l'illuminazione: se questi sono gli elementi che permettono di capire la vita e l'universo, allora siamo di fronte al confine, il punto al quale le macchine non potranno presumibilmente arrivare mai. Potranno essere sempre più intelligenti, analiticamente intelligenti, anche più degli umani. Più forti degli umani, con una più rapida capacità di evolversi e di apprendere dalle generazioni precedenti. Ma difficilmente potranno essere mistici. E se i mistici del medioevo avevano ragione, allora avremo la prima risposta, per sottrazione: l'essere umano è il proprio spirito, la sua anima capace di fare a meno dell'intelligenza e delle passioni. Ciò che le macchine non potranno mai essere. Ma non è detto che i mistici del medioevo avessero ragione, e forse siamo solo materia ben organizzata.

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